Sono state pubblicate sulla rete le prime due recensioni per “Non dobbiamo perderci d’animo”, ad opera dell’Associazione Culturale Studio 83 di Milano e del quindicinale anconetano Presenza del 20 giugno 2010, e in entrambi i casi si tratta di giudizi elaborati da persone che avevano letto “Candidato al Consiglio d’istituto”. Con l’occasione, invito i lettori ad andarsi a leggere la rubrica “Esordiamo” del sito di Studio 83 del 4 maggio 2009, oltre all’articolo di Presenza del 14 febbraio 2010, intitolato “Un libro che ci tocca da vicino”, pubblicato a pagina 6. Le due recensioni sono positive: certamente, quella di Studio 83 è prettamente tecnica, mentre il giudizio del periodico Presenza, essendo di Ancona, pone in evidenza l’ambiente anconetano che costituisce la naturale scenografia di alcuni racconti. Tuttavia, ci sono due aspetti che, a vario titolo, vengono condivisi dalle due recensioni: si tratta dell’elemento della speranza e della riflessione sullo stile della mia scrittura, in particolare per il giudizio di Studio 83. Desidero spiegarmi meglio: “Non dobbiamo perderci d’animo” è la continuazione del primo libro, e lo si nota dal linguaggio usato. Se però in Candidato veniva fatto ricorso alla struttura del diario, nell’attuale testo si utilizza il racconto, e questo fatto evidenzia una maggiore padronanza della scrittura. Ebbene, nella sua recensione, la dottoressa Elena Di Fazio di Studio 83, che sulla rubrica “Esordiamo”, pur apprezzando Candidato, manifestava una garbata delusione per il risultato finale, avendo constatato nel secondo libro una mano più sicura, afferma – ed è apprezzabile sentirselo dire – che “ è insomma il momento di lanciarsi nel romanzo: lo stile c’è , la passione anche”. Forse potrei sembrare un esaltato, ma posso dire, in tutta serenità, che anche io rimango della stessa opinione.
A risentirci
Massimo Cortese