lunedì 30 agosto 2010

Lettera a un amico a quattro zampe

Riporto una lettera che mi ha colpito:
Il nostro cane, il nostro cucciolo di sette anni se ne sta andando. E’ stato per la mia famiglia un compagno dolce e fedele, e per il mio bambino il più grande amico, ma non trovo altro modo per ricordarlo che scrivere queste poche parole. Roy è un pastore tedesco, dolce e affettuoso con tutti e protettivo con il mio bambino, che è il suo padroncino: ormai, nel suo stato, non può fare altro che guardarci e trasmetterci il suo affetto solo con i suoi teneri occhioni neri. Lo abbiamo preso sette anni fa e da subito, appena l’abbiamo portato a casa, è diventato il quarto componente della nostra famiglia. Per la verità, noi cercavamo un cane che incutesse un po’ di timore ad eventuali estranei male intenzionati, ma, ben presto, ci siamo accorti che a lui gli estranei piacevano molto, al punto da accoglierli con tante coccole. Da allora ci siamo rassegnati, e non c’era postino, giardiniere, amici, semplici conoscenti e pure qualche male intenzionato che non avesse la sua razione di coccole. Quando lo abbiamo preso, Nicola, nostro figlio, aveva solo due anni e ben presto il cane diventò più grande di lui. Cominciò ad amarlo il giorno che io lo persi di vista un attimo e Roy approfittò della situazione per saltargli sopra e leccarselo tutto ben bene: mi spaventai nel vedere l’enorme cagnone sopra mio figlio, ma lui lo stava solo coccolando, e da quel giorno fino ad oggi quei due sono stati amici inseparabili, dei veri Amici per la pelle. Quando, due mesi fa abbiamo avuto la terribile notizia della sua malattia incurabile, una tegola si è abbattuta sulla nostra famiglia: ormai gli restava pochissimo tempo da vivere. Abbiamo rinunciato alle ferie ed ora siamo qui, accanto a lui, per potergli rendere, almeno in parte, quell’amore che lui ci ha donato in tutti questi anni, senza che ci venisse chiesto nulla in cambio. Se mi potesse comprendere, vorrei tanto dirgli grazie, e desidero fargli capire che noi tutti gli vogliamo bene, ma credo che lui lo sappia già: grazie per l’attenzione e se potrà scrivere qualcosa sul nostro Roy. Arrivederci. “
A questo punto, vorrei fare qualche riflessione al racconto- testimonianza che abbiamo letto. Qualche tempo fa un cane, che si è sentito abbandonato dai suoi padroni, si è suicidato gettandosi sul vuoto dal quarto piano: la notizia ha fatto il giro del mondo. Ho sentito dire che, quando un cane si rende conto di essere stato abbandonato, cade in depressione, non mangia più, perché ritiene che la causa dell’abbandono sia dovuta ad una sua mancanza. Io non mi permetto di dire nulla su una questione che non conosco minimamente, e comunque mi pare di poter dire che, almeno nel caso del cane Roy, siamo in presenza di una sensibilità particolare. L’amicizia tra un bambino e il suo cane, che abbiamo potuto ammirare in tanti film di successo, è una storia molto bella, ma, almeno nel nostro caso, rappresenta una vicenda vera, ma dolorosa. Pur non conoscendolo direttamente, sento il dovere di rivolgere un pensiero al piccolo Nicola: oggi sei un ometto, e quando, in futuro, leggerai queste righe, oltre al ricordo del tuo amato Roy, che rimarrà immutato nel tempo, non devi essere triste, perché ti è stata regalata una cosa molto importante: l’amicizia. Ma ricorda anche un’altra cosa, che non è di poco conto: tutto è stato possibile grazie al comportamento dei tuoi genitori, e non voglio dire altro.
Il racconto, o forse, la testimonianza di oggi termina qui.
A risentirci
Massimo Cortese

martedì 17 agosto 2010

Il cocomero di ferragosto

Mia moglie ha invitato una sua collega di lavoro che, assieme al marito e ai suoi tre pargoli, sarebbe venuta a cena a casa nostra: essendo il 15 agosto, furono svolti i consueti preparativi. Per quanto la pioggia stia lasciando il segno in questa metà di agosto, che cosa c’è di meglio che concludere una cena con quel frutto graditissimo quale è il cocomero? In fondo, con il suo bel faccione e il colore rosso vivo, accompagnati al costo a buon mercato, il cocomero è l’ambasciatore tipico dell’estate. Eppure, al momento dell’acquisto, il presentimento l’avevo avuto: “E se fosse guasto?“ L’ho pesato, ho battuto il tasto del prezzo, due euro e diciannove centesimi è costato. Poi, è arrivato il gran momento, il giorno fatidico, il 15 agosto, che avrebbe saputo dirmi, finalmente, quale sarebbe stata la sua sorte. Ormai non ci pensavo più, ero occupato in altre faccende, quando – saranno state le diciassette- mia moglie grida indignata: “Massimo, il cocomero è da buttare via, guardalo!”. Quello che appariva ai miei occhi era un cocomero dal colore strano, sfatto oserei dire, che emanava non quel profumo che ci si sarebbe aspettati, ma un qualcosa di disgustoso. Pervaso dal senso di colpa, forse a causa di quel presentimento, lo assaggiai, e un sapore aspro, per non dire di peggio, non lasciava alcun dubbio: il suo destino era di finire la propria esistenza nel contenitore della raccolta differenziata, non certo nella tavola che da lì a poco avremmo condiviso con gli ospiti. Diventai scuro in volto, mi mostrai pensieroso, non volevo accettare la sconfitta, che diventava ancor più tagliente per via di quell’oscuro presentimento, che mi aveva allertato, sebbene io non lo avessi voluto prendere in considerazione: ed ora, la triste realtà mostrava, baldanzosa, il prezzo da pagare, costituito dall’amara delusione. Sì, è vero, in fondo si trattava di un cocomero, e può capitare nella vita che per il giorno di ferragosto, vi sia una cattiva riuscita di qualcosa che avresti dovuto portare a tavola. In fondo, anche il mio cocomero, in gioventù, era stato dolce, appetitoso, ma non era stato apprezzato al momento giusto, ed ora, che era maturato da un pezzo, era diventato improponibile. Desidero allora rendere omaggio al cocomero che, comunque vadano le cose, resta sempre un frutto a sorpresa, nel senso che da lui ci si può aspettare veramente di tutto, anche una bella riflessione, come quella nella quale mi sono addentrato. Non dobbiamo perderci d’animo: anche un cocomero andato male ci lascia, oltre all’amaro in bocca, l’occasione per pensarci su.
Non me lo sarei mai aspettato, quanto meno da un cocomero.
A risentirci
Massimo Cortese