martedì 22 ottobre 2013

ITALY IN A DAY- UNA GRANDE OPPORTUNITA’ DI FILMARE IL NOSTRO PAESE



Sabato 26 ottobre 2013 andrà in scena l’iniziativa “Italy in a day”, che darà vita ad un film vero e proprio, grazie ai contributi filmati di coloro che vorranno immortalare e mettere a disposizione singoli momenti di quella giornata. 
Qualcosa del genere è già accaduto in Gran Bretagna ed in Giappone e, a dire il vero, qualche anno fa la rubrica del Corriere della Sera Italians diede vita a “Una Giornata nel mondo”, una sorta di staffetta letteraria dove ciascuno poteva immortalare un’ora della propria giornata in non più di duemila caratteri. 
A pagina 135 qualcuno potrà leggere il mio scritto “La segnalazione”, che ha poi dato vita al mio terzo libro “Un’opera dalle molte pretese”. 
Tornando a “Italy in a day”, debbo dire che mi sembra un’ottima idea, in quanto è sempre importante l’iniziativa che consenta di fare un’operazione collettiva sulla nostra vicenda umana contemporanea: in breve, è un’operazione sulla memoria, secondo il mio modo di vedere. 
Certo, coloro che non sanno filmare saranno tagliati fuori, come il sottoscritto: vorrà dire, al massimo, che potremmo tutti essere filmati.
Ho solamente un paio di osservazioni da fare: la giornata da filmare è sabato, non è un giorno lavorativo per molte persone, e quindi non si potranno riprendere gli Italiani nei propri posti di lavoro. Inoltre la scelta della giornata di sabato, qualche problema lo presenta in quanto è un giorno festivo per le Comunità Israelitiche. 
Probabilmente gli Organizzatori hanno già preso in considerazione queste osservazioni, e la mia è la solita preoccupazione irrilevante. 
Quindi, non posso che guardare con grande interesse a questa esperienza collettiva, destinata a coinvolgere molte persone: in tempi, come gli attuali, dove l’individualismo impera, questa staffetta tra Italiani mi piace.

A risentirci

Massimo Cortese


RICORRE IL 70° ANNIVERSARIO DEL PRIMO BOMBARDAMENTO SU ANCONA



Il 16 ottobre 1943 il primo bombardamento colpì Ancona. 
Seguì il bombardamento terrificante del successivo 1° novembre, che causò un gran numero di vittime. In quell’occasione perirono oltre seicento vittime nel rifugio dove erano ospitate, fra le altre, anche le studentesse dell’istituto “Birarelli”: 
credo addirittura che questo episodio costituisca addirittura un fenomeno unico al mondo, nel senso che si dovrebbe trattare del più alto numero di persone morte in un rifugio in un conflitto moderno. 
Ricordo ancora, avrò avuto sette od otto anni, dell’emozione provata al Cimitero delle Tavernelle quando vidi una tomba nella quale hanno trovato sepoltura quattro fratellini periti sotto un bombardamento. 
Vorrei qui ricordare anche i trentadue pazienti del Manicomio Provinciale, vittime del bombardamento dell’8 dicembre 1943: una lapide ne ricorda la scomparsa.
Sono ormai trascorsi molti anni da quegli eventi, ma io credo che la memoria di quelle sofferenze meriti la dovuta attenzione. 
Non dobbiamo dimenticare quanto è accaduto.
A risentirci
Massimo Cortese

lunedì 9 settembre 2013

PROBABILMENTE IL PRESIDENTE AMERICANO OBAMA NON SA DI ESSERE NATO CON LA PREGHIERA DEL PAPA.



Ai bambini venuti al mondo durante il suo Pontificato, Papa Giovanni dedicava ogni  giorno il terzo dei Misteri Gaudiosi del Rosario, quello nel quale si contempla la nascita di Gesù. E’ lo stesso Giovanni XXIII a comunicarlo, dal momento che sono state registrate le sue parole in un raro documento filmato, disponibile anche sulla rete con un servizio intitolato “Papa Giovanni XXIII spiega che l’opera del papa è per tutti”. Essendo nato il 4 agosto del 1961, il presidente Obama ha quindi avuto la preghiera del Papa: qualcuno glielo ha detto? E‘ una circostanza importante la vicenda della preghiera, se si pensa per un attimo alla delicata questione dell’ipotetico intervento americano in Siria.
A risentirci
Massimo Cortese

giovedì 1 agosto 2013

LA DIMENSIONE DEL TEMPO – American Graffiti



Ieri sera ho rivisto un film dei primi Anni Settanta, American Graffiti: è la storia di alcuni ragazzi della Provincia Americana di fine Anni Cinquanta, che vivono la loro vita spensierata e in libertà, forse per la prima volta. Quel film ha dato vita a tutta una serie di rivisitazioni dell’epoca in chiave nostalgica, a cominciare dalla fortunata serie di Happy Days, assai gettonata ancora oggi. Stranamente, la cinematografia aveva cominciato ad occuparsi dei giovani, intesa come classe autonoma, con il drammatico Gioventù Bruciata, proprio negli Anni Cinquanta, che sicuramente ha anticipato il disagio giovanile, che sarebbe poi esploso negli Anni Sessanta. Senza avere la pretesa di dar vita ad analisi impegnative, American Graffiti merita di essere considerato per due cose: la testimonianza di uno spaccato storico della società americana, ed il contesto in cui i fatti si svolgono. La prima impressione avuta quaranta anni fa, quando ho visto il film, con le bibite in lattina e le radio libere, che nel nostro Paese fanno la loro apparizione solamente negli Anni settanta, è stata quella di vivere in una società dove certe situazioni arrivavano non immediatamente, ma dopo alcune decine d’anni, un po’ come per la Televisione a colori. Tutto questo oggi non accade più, in seguito al fenomeno della Globalizzazione, che ha unificato la storia dell’Umanità, almeno in parte. Quindi, è mutata la dimensione del tempo, un bene per tanti versi, un pasticcio per tanti altri.

A risentirci

Massimo Cortese

lunedì 1 aprile 2013

175 parole Come uscire dalla crisi conseguente alle elezioni del febbraio 2013



Per uscire dall’attuale crisi del sistema Italia, si deve guardare a due precedenti illustri: al 1976 ed al 1947. Come nel 1976, io credo che un governo a guida PD sia indispensabile, con la non sfiducia da parte degli altri partiti. Se nel 1976 il governo era a guida DC, oggi deve essere a guida PD, in quanto si tratta della coalizione che ha vinto le elezioni. Naturalmente ciò accade se non si formano altre maggioranze possibili. Avremmo un governo senza soluzioni pasticciate. In merito ai vantaggi che avrebbero i partiti a dare la non sfiducia, vi è la tenuta del sistema parlamentare democratico, che, a mio avviso,. rischia molto, soprattutto in termini di consenso popolare. Come nel 1947, quando il cambiamento di maggioranza non influì con i lavori della Costituzione, non è possibile confondere le riforme istituzionali necessarie con un determinato governo. Quanto al Presidente della Repubblica, è logico che, pur rappresentando l’Unità Nazionale, esso debba essere scelto dalla formazione politica che in un determinato momento si riconosce nella maggioranza di governo.
Massimo Cortese

TEMPO DI ELEZIONI



E’ il 24 febbraio 2013, una domenica elettorale come tante altre, ma nel bel mezzo di una crisi profonda, e non solo economica. Tanto per incominciare, è forse la prima volta che si vota nel mese di febbraio, fino all’altra settimana la neve si è fatta sentire. Sto per tornare a casa quando, al margine di una strada di campagna, vedo di spalle un uomo, con un abbigliamento tipico da sudtirolese, in compagnia di un cane di grossa taglia, con le due mani occupate rispettivamente da un gran mazzo di fiori ed una scatola in cartone con dentro un dolce o delle paste. L’allegra compagnia, formata dal cane, dal padrone, dal mazzo di fiori e dal dolce, procedono in modo ordinato, con passo disinvolto, invadendo anche parte della carreggiata stradale.
Guarda come è vestito bene- dice mia moglie.
Ma non mi pare proprio, il tale ha una camicia di fustagno, non ha neppure il maglione che potrebbe proteggerlo dal freddo- faccio io.
Ma io non mi riferisco all’uomo, ma al cane: indossa un cappotto blu, bordato di bianco, sicuramente deve essere un cane di classe.
E’ vero, il cane è impettito, forse indossa anche un bel fiocco rosso, chissà. Certo, quel tale con fare dimesso, sfigura un po’ di fronte al cane benvestito, se non fosse per quel mazzo di fiori e la bella scatola di cartone con il dolce, che ne fanno un uomo interessante o interessato, desideroso di presentarsi al meglio con le sue sorprese. In fondo, i fiori e il dolce sono per la mamma, per la fidanzata o comunque per una persona alla quale si vuol bene, e forse anche il cane ben vestito potrebbe appartenerle: ma, dico io, se veramente l’uomo vuole far colpo, non era il caso di indossare qualcosa di più consono? Non mi pare normale che ad essere ben vestito sia il cane, mentre gli  abiti essenziali dell’uomo, un paio di jeans ed una camicia di fustagno, forse ci nascondono qualcosa: e se la persona alla quale son destinati il dolce e i fiore avesse un debole per i cani? A quel punto tutto sarebbe più chiaro, e magari si verrà a sapere che il cane proviene direttamente da una fiera di bellezza o di abilità canina, mentre l’uomo è solamente un suo accompagnatore, un dog-sitter, che lo porta a spasso: forse il dolce e i fiori sono stati semplicemente commissionati dal padrone e dalla padrona dell’animale ottimamente abbigliato.
Ma oggi il tema ricorrente sono le elezioni: allora il mio pensiero va a quando decisi di candidarmi alle elezioni amministrative di qualche anno fa. Non era stata una decisione facile, in fondo pensavo che a quelle elezioni non mi sarei potuto classificare in una buona posizione, e allora era perfettamente inutile candidarmi, sapendo fin dal principio che quel gesto sarebbe stato privo di significato. Ma, dovete saperlo, l’uomo è un animale ambizioso, magari chissà quali idee stravaganti mi erano passate per la testa: fu così che anch’io decisi di candidarmi alle elezioni. Feci una piccola campagna elettorale nel quartiere dove mi sarei dovuto presentare, seguì il solito giro di telefonate e via dicendo: arriviamo finalmente al giorno del voto. Mi presento come rappresentante della lista su cui sono candidato, vado al seggio, trovo anche un amico scrutatore, lo convinco a votarmi in quella sede, insomma tutto inizia bene, o almeno credevo che le cose procedessero a quel modo, perché ben presto m’imbatto in una sorpresa, e non certo lieta: della mia presenza in lista non vi è neppure l’ombra.
Come è stato possibile, che cosa è successo, a quale gioco hanno giocato quelli della lista? Tuttavia non perdo la calma, rimango intero fino alla fine della consultazione elettorale, senza scompormi troppo, non facendo trapelare l’enorme arrabbiatura per essere stato trombato ancor prima di essere candidato. Era accaduta una cosa semplicissima: io infatti ero candidato ad una circoscrizione, ed il Comune, qualche settimana prima delle elezioni, mi aveva mandato un bollino, da attaccare alla scheda elettorale, con cui mi aveva cambiato di circoscrizione. Alla cosa non avevo dato peso.
In fondo mi avevano trattato da cane, senza cappotto blu bordato di bianco.
Massimo Cortese

mercoledì 30 gennaio 2013

PARLIAMO DI BIDELLI E BIDELLE, NON DI PARLAMENTARI



L’altro giorno, a Roma, una insegnante ha detto:
Sono venticinque anni che insegno, da dieci sono di ruolo. Prendo 1.200 €uro al mese, quanto quello che prende un bidello.
Un tale che lavorava con me è diventato deputato, eppure, all’atto della sua nomina, ho sentito dire:
Capirai, faceva il bidello!.
Come se uno che è o è stato un bidello non potesse andare in Parlamento: perché sono tanti ad avercela con i bidelli?
Una prima risposta può essere data da quello che mi è accaduto in prima elementare.
La maestra ci aveva detto, proprio nei primi giorni di scuola, che ogni qual volta una persona adulta entrava in classe, noi dovevamo alzarci in piedi, per rispetto.
Dopo due o tre prove, quell’insegnante dovette ritenere che avevamo capito, ma le cose non stavano esattamente così, nel senso che noi avevamo compreso quello che c’era da fare, ma non lei.
Il fatto è che, poco dopo, entrò in classe il mitico bidello Marino, e noi tutti ci alzammo in piedi.
A quel punto la maestra ci disse:
No! quando entra un bidello non vi dovete alzare in piedi.
Era forse giusto non alzarsi in piedi se entrava in classe il bidello?
E perché quell’insegnante ne invidiava il lauto stipendio, per non parlare poi dello scandalo avvenuto con l’elezione a parlamentare di uno di loro, sia pure ex?
Ma la più grande ingiustizia che i bidelli hanno avuto è partita dallo Stato, che ha definito questa importante categoria di persone che opera nella scuola quale personale non docente, identificando una tale categoria di persone addirittura con la negazione di un’altra professionalità, caso più unico che raro.
Qualcuno si è accorto della stramberia, e allora al personale non docente si è sostituito il termine ATA, che significa amministrativo tecnico ausiliario, ma l’umiliazione resta.
Io credo addirittura che, prima di creare il personale non docente, qualcuno deve aver pensato di sostituire la o con la e, creando il personale non decente.
Ma alla fine quel qualcuno deve essersi ricreduto, temendo che forse il personale non decente, a seguito di un eccesso di umiliazione, avrebbe potuto anche ribellarsi, come era già accaduto con Spartaco e i gladiatori.  
Tutto questo livore per i bidelli, più che sproporzionato, appartiene ad un pensiero feudale, nel senso che può trovare un qualche riferimento con la società tipica del feudalesimo, che si distingueva in signori, vassalli, valvassori, valvassini e servi della gleba.
Ecco, appunto, a qualcuno piace vedere i bidelli sotto la luce dei servi, che devono solo obbedire e star zitti.
Questa è una considerazione scellerata, perché i bidelli fanno parte a pieno titolo del personale che gestisce il sistema educativo dei nostri figli.
A meno che qualcuno possa pensare che, in un momento di crisi del sistema educativo italiano, una guerra del genere possa essere vinta col solo impiego dei generali: per carità, io non voglio sminuire il ruolo dei docenti, ci mancherebbe altro, ma una critica devo farla.
Senza voler scomodare il noto discorso della montagna di Menenio Agrippa, che, di fronte a quella che oggi potremmo definire la prima volta dell’antipolitica, ebbe a dire che a tutti conviene fare il proprio compito, non dobbiamo considerare i bidelli un corpo estraneo.
I nostri figli, fin dalla più tenera età, hanno a che fare con queste persone, in particolar modo con le bidelle, perché un altro grosso problema della scuola italiana è che ormai non c’è più personale maschile.
Io sono convinto che tanti casi di disperazione conseguenti al deprecabile fenomeno del bullismo potrebbero essere evitati da una buona parola, da una minima dose di buon senso, cose che possono essere poste in essere da quelle persone umili che sono i bidelli e le bidelle.
Ma, prima di congedarmi, volevo dire qualcosa su un film che ho visto tanti anni fa e che, forse, è l’unico del genere sui bidelli: Mio figlio professore.
E’ la storia di un bidello rimasto vedovo a seguito della nascita del figlio, che spera che questi diventi professore.
Ma anche qui la storia è ingrata col povero bidello, in quanto il figlio respinge con fastidio le attenzioni paterne, forse perché partono da un esponente di quella che lui reputa una categoria inferiore.
Anche qui la storia si ripete, all’infinito, come fosse una maledizione.
La maledizione della povera gente.

A risentirci
Massimo Cortese