Sono ormai trascorsi quarant’anni dalle vicende del terremoto, che fece la sua comparsa proprio il 25 gennaio del 1972. Oggi, a distanza di tanti anni, molte persone si sentiranno in dovere di ricordare quei momenti che, a seconda della fascia d’età di ciascuno di noi, acquisteranno un significato particolare. All’epoca, avevo poco più di undici anni, e già il fatto di averne ora cinquanta implica la nostalgia di un passato che, in ogni caso, appartiene al nostro DNA. Alcune persone non ci sono più, come mio padre, che durante la scossa del 14 giugno ebbe la stravagante idea di gettarsi dal balcone, per fortuna non attuata, dal momento che non era neppure cosa facile camminare sul pavimento in quei frangenti. Per la cronaca mi trovavo a cena con i miei, ero prossimo a bere, e credo che si tratti dell’unica volta in cui il bicchiere è rimasto, più che sullo stomaco, sulla mano : in quei momenti ho avuto l’impressione che il pavimento stesse sprofondando, o forse era appunto un’impressione.
In tutti questi anni mi son fatto l’idea che il terremoto non è apparso a caso, avendo preparato le sue visite con estrema cura, quasi fosse una persona di casa, sebbene sapesse fin dall’inizio di non essere un ospite gradito. Eppure il terremoto è stato l’incontro con l’imprevedibilità, qualcosa di analogo i miei genitori devono averlo vissuto con la guerra, con la sola differenza che quell’evento è durato cinque anni, mentre il nostro ospite ballerino appariva e scompariva a suo piacimento.
A sostegno della mia strampalata tesi, porterò delle prove.
Tanto per iniziare, il debutto del terremoto ha una data ben precisa. In televisione, infatti, precisamente sul primo canale, vi era la quarta puntata dello sceneggiato televisivo A come Andromeda: parlava di una stazione spaziale, di un viaggio tra il nostro pianeta ed uno strano satellite: se pensiamo che, quando pronunciamo la prima lettera dell’alfabeto, diciamo tutti A come Ancona, avrete capito che la scelta del signor terremoto di debuttare nella nostra città è stata appropriata, oserei dire naturale. Inoltre, il fatto di parlare dello spazio, ci faceva dimenticare la nostra cara Terra, e adesso capirete la ragione della sua comparsa nel corso di quello sceneggiato, quasi se la fosse presa. All’avvertimento del 25 gennaio, avente il sapore ed il valore di una scossa premonitrice, non avevamo creduto, e lo avevamo dimenticato, forse per sempre, al punto che, per riemergere dall’anonimato lo stesso terremoto di è rifatto vivo nel mezzo della notte del 4 febbraio: quella volta la scossa fu molto forte. La notte è il momento migliore della giornata per avere paura: ebbene, la scossa del 4 febbraio ci mise con le spalle al muro, senza darci il tempo per fare il punto della situazione. Nel parlare comune fecero il loro ingresso nuovi vocaboli: le scosse potevano essere ondulatorie o sussultorie, il sisma era ormai una presenza fissa, conobbi le tendopoli, sentimmo parlare degli sciacalli, per non parlare del Battaglione San Marco, i cui soldati dovevano avere alcune migliaia di sacchi dove poter riporre i cadaveri, almeno così si diceva. Facemmo poi la conoscenza con la Scala Mercalli, che doveva essere una misurazione della potenza del terremoto: già all’epoca si parlava di Scala Richter, che doveva essere un tale che doveva dire più o meno la stessa cosa, ma noi parteggiavamo per lo scienziato di casa nostra.
Poi venne il mese di giugno, con la scossa grandiosa del 14 di quel mese, con la gente che fuggiva con le macchine, le piccole tende militari distribuite alle famiglie, le notti insonni passate alla sala d’aspetto della stazione ferroviaria, che secondo qualche sconsiderato, promosso esperto sul campo, doveva rappresentare l’unico fabbricato in grado di rimanere in piedi. Però, secondo me, anche quella scossa non venne a caso: in realtà, i soliti studenti che non studiavano mai, vista l’enorme quantità di assenze fatte durante l’anno scolastico, non sapevano che pesce prendere per essere promossi all’Esame di Stato: in quei casi ci voleva qualcosa di straordinario per risolvere la situazione. Il terremoto si ritenne lusingato dall’essere richiamato in servizio, e fece di tutto per far promuovere quegli sconsiderati, che fecero l’esame sotto le tende: e, conoscendo l’epoca, chi era quel professore tanto irresponsabile dal bocciare qualcuno? Anch’io fui promosso d’ufficio alla scuola media, e la cosa non mi fece tanto piacere, visto che avevo studiato. Poi, a poco a poco, il terremoto si ritirò in buon ordine, ma per lui, che ci aveva cambiato la vita per un buon anno, una tale ritirata sarà stata anche strategica, ma non certo onorevole. Per questa ragione, ha voluto dare il suo Arrivederci in modo del tutto singolare, che sta a dimostrare quanto avesse meditato sul momento da scegliere. Per farla breve, l’ultima scossa veramente significativa avvenne il giorno di Natale, e quale giorno poteva essere migliore per una tale comparsa con il botto?
Poi, il 25 gennaio del 2012, mentre molti di noi l’avranno ricordato, ha voluto farci sentire la sua vicinanza con qualche altra scossa considerevole, ma nelle regioni limitrofe, per non mettere in giro la voce, a lui sfavorevole, che avesse un conto in sospeso con noi anconetani.
Un’ultima cosa avrei da aggiungere. A parte il discorso fatto prima su Ancona, un dubbio mi assale: per quale ragione il Signor Terremoto avrebbe scelto di farsi raccontare da me? La risposta è semplice, quasi elementare: essendo venuto a conoscenza di un tale, che cura la rubrica di racconti intitolata Cortese…mente, aveva bisogno di trovare qualcuno che, per una volta tanto, prendesse le sue difese, e sembra che lo abbia trovato…
A risentirci
Massimo Cortese