martedì 17 agosto 2010

Il cocomero di ferragosto

Mia moglie ha invitato una sua collega di lavoro che, assieme al marito e ai suoi tre pargoli, sarebbe venuta a cena a casa nostra: essendo il 15 agosto, furono svolti i consueti preparativi. Per quanto la pioggia stia lasciando il segno in questa metà di agosto, che cosa c’è di meglio che concludere una cena con quel frutto graditissimo quale è il cocomero? In fondo, con il suo bel faccione e il colore rosso vivo, accompagnati al costo a buon mercato, il cocomero è l’ambasciatore tipico dell’estate. Eppure, al momento dell’acquisto, il presentimento l’avevo avuto: “E se fosse guasto?“ L’ho pesato, ho battuto il tasto del prezzo, due euro e diciannove centesimi è costato. Poi, è arrivato il gran momento, il giorno fatidico, il 15 agosto, che avrebbe saputo dirmi, finalmente, quale sarebbe stata la sua sorte. Ormai non ci pensavo più, ero occupato in altre faccende, quando – saranno state le diciassette- mia moglie grida indignata: “Massimo, il cocomero è da buttare via, guardalo!”. Quello che appariva ai miei occhi era un cocomero dal colore strano, sfatto oserei dire, che emanava non quel profumo che ci si sarebbe aspettati, ma un qualcosa di disgustoso. Pervaso dal senso di colpa, forse a causa di quel presentimento, lo assaggiai, e un sapore aspro, per non dire di peggio, non lasciava alcun dubbio: il suo destino era di finire la propria esistenza nel contenitore della raccolta differenziata, non certo nella tavola che da lì a poco avremmo condiviso con gli ospiti. Diventai scuro in volto, mi mostrai pensieroso, non volevo accettare la sconfitta, che diventava ancor più tagliente per via di quell’oscuro presentimento, che mi aveva allertato, sebbene io non lo avessi voluto prendere in considerazione: ed ora, la triste realtà mostrava, baldanzosa, il prezzo da pagare, costituito dall’amara delusione. Sì, è vero, in fondo si trattava di un cocomero, e può capitare nella vita che per il giorno di ferragosto, vi sia una cattiva riuscita di qualcosa che avresti dovuto portare a tavola. In fondo, anche il mio cocomero, in gioventù, era stato dolce, appetitoso, ma non era stato apprezzato al momento giusto, ed ora, che era maturato da un pezzo, era diventato improponibile. Desidero allora rendere omaggio al cocomero che, comunque vadano le cose, resta sempre un frutto a sorpresa, nel senso che da lui ci si può aspettare veramente di tutto, anche una bella riflessione, come quella nella quale mi sono addentrato. Non dobbiamo perderci d’animo: anche un cocomero andato male ci lascia, oltre all’amaro in bocca, l’occasione per pensarci su.
Non me lo sarei mai aspettato, quanto meno da un cocomero.
A risentirci
Massimo Cortese

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