Questa mattina mi è accaduto un fatto che mi ha colpito.
Dal vetro dell’automobile ho intravisto un qualcosa di strano che stava svolazzando, di colore bianco: ben presto mi sono reso conto che l’oggetto svolazzante andava sempre più su, non se la sentiva di tornare giù al posto da dove era partito con orgogliosa sicurezza. No, non era il solito prodotto dei pioppi, che tanto infesta le nostre strade cittadine, ma di qualcosa che rappresentava al peggio la nostra civiltà dei consumi: si trattava infatti di un semplice ed innocente sacchetto di plastica. Che strano doveva essere stato il suo volo: forse era stato lanciato da un automobilista desideroso di sbarazzarsene, o magari se ne era partito per conto suo da una finestra, approfittando di un po’ di vento che avrebbe certamente giovato alla sua sorte. Così, grazie a qualche stratagemma, il sacchetto non apparteneva più a questo mondo terreno, ma era diventato a tutti gli effetti un rifiuto aereo, senza che tale nuovo stato potesse significare, per lui, quella sorta di impunità che tanto avrebbe desiderato.
Fatemi passare avrebbe voluto dire il rifiuto, e a dire il vero non mi sembra che, sulla sua strada abbia incontrato qualche intoppo, forse anche per quell’alone di originalità che solo un sacchetto viaggiatore merita. Io lo stavo osservando, tutto pervaso dalla curiosità di come sarebbe potuto andare a finire quel suo viaggio: ebbene, anche quella mia legittima richiesta è andata perduta, in quanto il sacchetto non ha ceduto, ha resistito agli sguardi curiosi della mia persona, continuando nel suo peregrinare che lo stava conducendo a scoprire le più lontane contarde. Così, cambiando strada, l’ho perduto di vista, e forse lui se ne sta ancora svolazzando di qua e di là, magari intrattenendo qualche altro curioso, attirato come il sottoscritto dall’insolito episodio.
A risentirci
Massimo Cortese
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