martedì 5 agosto 2014

“L’ULTIMO NATALE DELLE PROVINCE”



Ancona 31 luglio 2014 Ore 17.30. Sala Consiliare della Seconda Circoscrizione di via Scrima 19.
DISCORSO DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO “L’ULTIMO NATALE DELLE PROVINCE”.

Grazie per la vostra partecipazione, Grazie per la vostra presenza, grazie per la vostra passione.
Finalmente siamo arrivati alla presentazione del mio libro “ L’ultimo Natale delle Province”. Vi svelo subito un segreto. Quando, nel mese di febbraio, ho avuto la certezza che il mio libro sarebbe stato pubblicato, avevo un desiderio, che era quello di non essere l’unico ad aver scritto un libro sulle Province.
Sono stato esaudito.
Infatti, dal 29 maggio il mio libro è stato preceduto dalla pubblicazione di un altro testo, anche se il titolo scelto dalla giornalista Silvia Paterlini, proveniente dall’Ufficio Stampa della Provincia di Milano, “ Goodbye Province” appunto, è per molti versi simile. Vi assicuro che non ci siamo messi d’accordo, ma è chiaro che l’atmosfera condivisa è la medesima, mesta. Per questa ragione, intendo iniziare questa mia presentazione dell’Ultimo Natale delle Province,  comunicandovi la recensione che ho fatto di Goodbye Province, che ho sempre appoggiato, ancor prima che venisse pubblicato, il 29 maggio 2014 appunto, il giorno prima del mio compleanno.
Se qualcuno volesse prendere appunti, dico subito che la mia recensione è stata pubblicata, sebbene in forma ridotta, in quanto era troppo lunga, da Feltrinelli online. Sono stato io ad operare la riduzione. Ecco la recensione:
Il libro  è stato scritto dalla giornalista Silvia Paterlini, proveniente dall’Ufficio Stampa della Provincia di Milano. Il testo si compone di due parti: la prima affronta in cento quesiti i punti più controversi che hanno dato vita alla delegittimazione delle Province, mentre la seconda è costituita da sei interviste.
Lo stesso sottotitolo del testo, “Miti e retorica dell’abolizione in 100 luoghi comuni”,  chiarisce come finalità del testo sia la difesa delle Province. Si pone quindi il primo problema: ma era necessario scrivere un libro in difesa delle Amministrazioni Provinciali? A mio avviso, la risposta è positiva per due ragioni fondamentali: 1) nel dibattito, le Province non hanno avuto una copertura mediatica eguale a quella di coloro ne hanno promosso l’abolizione, anzi sono state spesso ignorate e derise; 2) l’abolizione delle elezioni provinciali dirette da parte del Corpo elettorale, avvenuta in modo differenziato, ha creato un evidente problema di mancato rispetto del principio di uguaglianza fra i cittadini. Ancora oggi, vi sono Province dotate di Consigli e Giunte, mentre nella maggior parte delle Amministrazioni Provinciali vi è un Commissario non retribuito, come se fossero figli di un dio minore. Non è la prima volta che nel nostro Ordinamento Giuridico i Componenti delle Amministrazioni locali non vengano scelti dal Corpo elettorale mediante libere elezioni, ma quando ciò è avvenuto nel 1926, vigeva lo Statuto Albertino, che era una Carta flessibile, mentre oggi è vigente la Costituzione repubblicana, caratterizzata dalla rigidità.
Ad ogni quesito viene garantito un certo contraddittorio, nel senso che vengono elencati, sia pure sommariamente – e non poteva essere diversamente, dato l’intento divulgativo del libro – i punti di vista dell’una e dell’altra parte.
Il messaggio di “Goodbye Province” è subito sintetizzato nell’Introduzione: “ Questo libro è una sfida, una provocazione a un Paese che non vuole approfondire e si alimenta di falsi miti e mezze verità”. Ed ancora: “Le pagine che seguono riassumono quattro anni di lavoro per il Consiglio della Provincia di Milano”: quindi, il testo prende le difese di questa Antica Istituzione, è di parte, ma questo suo modo di essere è giustificato pienamente dal clima pesantemente discriminatorio cui sono state sottoposte le Province, intese quali oggetti sacrificali di una Classe Politica che, fino a qualche tempo prima, se ne era servita a piene mani, se è vero, come è stato scritto a pagina 19 del libro, che tra gli anni 2001 e 2006 sono state presentate 38 proposte di legge per l’istituzione di nuove Province, salite addirittura a 46. Un tale bizzarro comportamento meritava un approfondimento, anche al costo di apparire impopolare e anacronistico.
In estrema sintesi, la giornalista Silvia Paterlini ha fatto un lavoro necessario, che colma un vergognoso vuoto che altri avrebbero dovuto fare. La pubblicazione di questo libro, a distanza del breve lasso di tempo dalle elezioni dei nuovi Consigli Provinciali e delle Città Metropolitane, è un lodevole contributo per il Legislatore che dovrà riformare il Titolo V della Costituzione e gestire il trapasso da quelle che erano le Province a quelle che saranno domani.
Vi è una parola ripetuta più volte nel testo: autocritica. Traspare infatti in “Goodbye Province”, la consapevolezza che le Province richiedano qualche cambiamento: è un discorso onesto, giustificato dalla necessità per il Sistema Paese di poter contare sul giusto peso da riconoscere alle realtà territoriali.
Massimo Cortese

Goodbye Province è un testo importante, è stato presentato il 1° luglio a Milano alla presenza di persone note, come il Governatore lombardo onorevole Roberto Maroni e il segretario regionale del Partito Democratico Alessandro Alfieri: lo stesso libro contiene sei interviste a persone note, come il professor Valerio Onida ed il giornalista Vittorio Feltri. Inoltre sono contento che ad averlo scritto sia stata una donna, perché, nonostante che in Politica siano presenti soprattutto gli uomini, sono molte le amministratrici e le presidenti delle Amministrazioni Provinciali. Senz’altro, sono molto più combattive dei signori uomini: la mia è una constatazione. A questo punto, passerei a parlare del mio libro “L’ultimo Natale delle Province”.

La presentazione del libro si articola in quattro punti fondamentali, che sono rispettivamente:
1)     L’individuazione di una parola che possa riassumere il testo;
2)     La motivazione che mi ha spinto a scrivere il testo;
3)     L’omaggio alle persone che hanno partecipato all’elezione dell’Assemblea Costituente del 2 giugno 1946;
4)     Il libro inteso quale testimonianza storica.

Esaminiamo il primo punto:
1)     l’individuazione di una parola che possa riassumere il testo.
Torniamo per un attimo all’età infantile.
Ricordiamoci di quando, a seguito di una marachella, la mamma o chi per lei, nel rimproverarci per il nostro capriccio, ci dava una sculacciata: in quel momento, accompagnato all’inevitabile pianto, emettevamo il nostro disappunto, pronunciando una parolina equivalente ad un grido di dolore: Ahi. La stessa cosa poteva capitare quando, nell’aprire il rubinetto dell’acqua, sbagliamo manopola, e ci scottavamo con l’acqua bollente, anziché quella fresca che avrebbe placato la momentanea sete.  Recentemente, mi trovavo in Romagna, il Direttore di una Radio locale, al quale avevo preannunciato che, nel mese di giugno, sarebbe stato pubblicato il mio libro “L’ultimo Natale delle Province”, mi ha chiesto di dirgli una parola che potesse riassumere l’intero libro. Allora ho cominciato a pensare a qualche parola, Rabbia, Delusione, Incredibile, Sbigottimento, Incredulità,  ma poi ho concluso che non vi sono parole adeguate per esprimere il libro e l’intera vicenda che lo ha motivato. Poi, però, mi son ricreduto: una parola ci sarebbe, è un po’ strana, forse per qualcuno non è neppure una parola vera e propria, essendo un grido di dolore, ed è ahi, alla quale ho accennato prima ricordando l’infanzia. In un noto dizionario della Lingua Italiana, il termine ahi viene così identificato: si usa per chi esprime un dolore fisico o spirituale, contrarietà, preoccupazione, indignazione. Addirittura, qualche dizionario, per farmi un dispetto o per farmi sentire più importante, arriva a citare la famosa espressione riportata nella Divina Commedia, quanto al Canto VI del Purgatorio, il Sommo Poeta dice, ai versi 76-78:
Ai serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchier in gran tempesta
non donna di province, ma bordello.
Ma non vi fa riflettere il fatto che Dante menzioni la parola Provincie? Per carità, Dante si riferisce alle Province diversamente da quelle che intendiamo oggi, e sono stato avvertito sulla non opportunità di  commentare il passo. Ma il fatto che il passo di Dante, nel parlare delle Provincie, emetta il mio stesso grido di dolore, da una parte mi onora, dà valore aggiunto alla nostra condizione di dipendente provinciale, ma al tempo stesso mi preoccupa e mi fa riflettere. Da autorevolissime fonti è stato detto che bisogna eliminare la parola Province dalla Costituzione: penso che si possa fare, con gli strumenti previsti. Però, lasciatemelo dire, il termine Provincie e soprattutto il nostro grido di dolore non potranno essere cancellati dalla Divina Commedia, che è la Carta Costituzionale della nostra Identità Culturale.
2) La motivazione che mi ha spinto a scrivere il testo.
Per quali motivi ho scritto questo libro? Innanzitutto perché sono un dipendente provinciale, vivo questa situazione di incertezza e di confusione, che ormai da almeno tre anni è lo scenario di riferimento di coloro che sono legati a vario titolo con le Province, ma per comprendere bene la motivazione che mi ha spinto a scrivere il libro, debbo necessariamente leggervi L’introduzione del testo. Premetto che avevo già scritto altri tre libri, genere Narrativa Impegno sociale. Il primo testo s’intitola Candidato al Consiglio d’Istituto” ed ha come tema l’educazione, con una appendice sul bullismo scolastico. Il secondo libro s’intitola “Non dobbiamo perderci d’animo”  ed è una raccolta di dieci racconti sull’Italia degli ultimi 150 anni. Il terzo libro si intitola “Un’opera dalle molte pretese” si occupa del rapporto del cittadino con le Istituzioni, in particolare con la Politica e la Giustizia. Passo a leggere l’Introduzione del libro “L’ultimo  Natale delle Province”:


INTRODUZIONE

Dopo la conclusione della Trilogia della Speranza, articolata nei libri pubblicati tra il 2009 e il 2011, non sapevo se avrei continuato a scrivere. D’altra parte, in quel “Poi si vedrà”, presente nella quarta di copertina di “Un’opera dalle molte pretese”, lasciavo intravedere la possibilità di concludere la mia avventura letteraria.
Poi è accaduto un fatto, che è appunto narrato ne “L’ultimo Natale delle Province”. Improvvisamente, la passione civile si è risvegliata e il desiderio di scrivere è tornato a farsi sentire, prepotente. La paventata abolizione delle Province si è trasformata, da impedimento psicologico nel continuare a scrivere, nella motivazione ideale a raccontare: debbo dire con una certa emozione che sono molto soddisfatto dell’opera che ne è scaturita. Si tratta di un racconto lungo in presa diretta, affiancato da due racconti ispirati a reali momenti di Storia, quali la Seconda Guerra Mondiale e il recente Anniversario dell’Unità Nazionale.
Mi sono reso conto che i libri della Trilogia della Speranza, strettamente collegati tra loro, contenevano degli elementi che sono alla base dell’ultimo scritto, e questa considerazione non mi pare di poco conto. Temi come quello dell’educazione – che è il motivo ispiratore di “Candidato al Consiglio d’Istituto” – della speranza, presente nei racconti di “Non dobbiamo perderci d’animo” e della crisi della politica – si veda “Un’opera dalle molte pretese” – sono propedeutici a “L’ultimo Natale delle Province”.
Come i tre scritti precedenti, anche questo è dedicato al Paese che, dall’inizio della recente crisi economica, si trova a dover fare i conti con uno stato di angoscia che condiziona l’esistenza di molte persone.

Quindi io ho scritto questo libro vivendo la mia condizione di dipendente provinciale. Questa condizione è condivisa dagli altri colleghi, come mi è stato detto da alcuni ai quali ho fatto conoscere il mio modesto pensiero.
3) L’omaggio alle persone che hanno partecipato all’elezione del 2 giugno 1946.
A poco a poco, occupandomi delle Province, che ancora fanno parte della Costituzione, mi è venuto il desiderio di scrivere un testo sulla Carta Costituzionale. Per questa ragione, la scelta della fotografia della copertina è caduta su un fatto accaduto in occasione delle elezioni del 2 giugno 1946, precisamente una fila di persone che si recano a votare nella provincia di Agrigento. Vediamo le donne da una parte, gli uomini dall’altra, come accadeva all’epoca anche a scuola, al cinema, in chiesa. Donne e uomini sono divisi dal carabiniere che sorride divertito. In definitiva, io ritengo che la Costituzione del 1948, con le sue Istituzioni, ha tenuto unito questo Paese, dal dopoguerra ad oggi, perché questo documento è all’origine dello lo sviluppo e la crescita di questo paese, da arretrato a Paese chiave per l’Unione Europea. Non dobbiamo dimenticare queste persone, magari molte saranno state sicuramente analfabete, ma avevano una consapevolezza del concetto di Bene Comune, emblema di un’Italia solidale che spesso di intravede solo nei vecchi film del neorealismo e del dopoguerra.
4)     Il libro inteso quale testimonianza storica.
Veniamo ora al quarto punto, probabilmente il più importante, che volutamente non approfondisco, perché la storia non termina qui questa sera. Questo libro è la testimonianza di una storia. Vedete, io non sono il rappresentante delle Province, sono uno che racconta delle storie. Proprio la vicenda delle Province mi ha incuriosito, perché si trattava di narrare la storia di un lavoratore che si trova ingabbiato in tutta una serie di eventi imprevisti che lo scuotono. Come già è accaduto negli altri tre miei scritti, soprattutto nel terzo, si tratta di una testimonianza storica che riguarda il Paese, nel senso che ho desiderato fotografare l’Italia che cambia.
Non so se ci sono riuscito: da parte mia, ho cercato di fare le cose al meglio.
Sull’esito, poi, giudicheranno i lettori, nella speranza che ve ne siano.
Un’ultima osservazione: questo non è un libro contro qualcosa o qualcuno, ma è un contributo a raccontare una storia di oggi, che probabilmente non sarebbe mai stata scritta. Per questa ragione ho pensato di scriverla.
Grazie.

Massimo Cortese

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.