Ieri
sera ho rivisto un film dei primi Anni Settanta, American Graffiti: è la storia di alcuni ragazzi della Provincia
Americana di fine Anni Cinquanta, che vivono la loro vita spensierata e in
libertà, forse per la prima volta. Quel film ha dato vita a tutta una serie di
rivisitazioni dell’epoca in chiave nostalgica, a cominciare dalla fortunata
serie di Happy Days, assai gettonata
ancora oggi. Stranamente, la cinematografia aveva cominciato ad occuparsi dei
giovani, intesa come classe autonoma, con il drammatico Gioventù Bruciata, proprio negli Anni Cinquanta, che sicuramente ha
anticipato il disagio giovanile, che sarebbe poi esploso negli Anni Sessanta.
Senza avere la pretesa di dar vita ad analisi impegnative, American Graffiti
merita di essere considerato per due cose: la testimonianza di uno spaccato
storico della società americana, ed il contesto in cui i fatti si svolgono. La
prima impressione avuta quaranta anni fa, quando ho visto il film, con le bibite
in lattina e le radio libere, che nel nostro Paese fanno la loro apparizione
solamente negli Anni settanta, è stata quella di vivere in una società dove
certe situazioni arrivavano non immediatamente, ma dopo alcune decine d’anni,
un po’ come per la Televisione
a colori. Tutto questo oggi non accade più, in seguito al fenomeno della
Globalizzazione, che ha unificato la storia dell’Umanità, almeno in parte.
Quindi, è mutata la dimensione del tempo, un bene per tanti versi, un pasticcio
per tanti altri.
A
risentirci
Massimo
Cortese
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