mercoledì 20 gennaio 2016

UN FATTO DI ORDINARIO BULLISMO

Il tentato suicidio di una ragazzina di 12 anni, che avrebbe tentato il gesto disperato per protestare contro il bullismo subito in classe, in seconda media, pone due interrogativi. 
La preside della Scuola ha dichiarato che non si erano manifestati episodi di disagio, ma, avendo conosciuto il bullismo per averlo subito, anche se oltre quaranta anni fa, per esperienza posso assicurare che lo zimbello non confesserà mai di non farcela più ad andare avanti, per cui dovrebbero essere gli insegnanti ad accorgersi del disagio, ma sembra che costoro non se ne siano accorti, almeno come sembra aver detto la Preside. 
E questo è il dramma. 
C’è un disagio e l’Agenzia preposta a constatarlo, quale è la Scuola, non lo constata: come mai? 
Non servono i corsi di approfondimento del problema, perché anche la migliore delle analisi non ha una importanza pratica: per avere successo, dovrebbero parlare le vittime, ma queste non la faranno mai, per ragioni legate alla vergogna. 
Io penso che basterebbe ripristinare nelle nostre scuole una Cultura del rispetto, mentre è lo stesso concetto di educazione che manca, come fece notare in qualche modo il professor Ernesto  Galli della Loggia nel suo articolo pubblicato nel Corriere della Sera del 6 novembre 2015 intitolato CHE ERRORE IGNORARE LA SCUOLA. 
Questa volta siamo stati fortunati, nel senso che non abbiamo nessun morto da piangere, ma c’è molto da fare sul versante del bullismo, che nel corso degli anni è diventato un fenomeno sempre più insidioso, come è provato dall'ascesa del cyberbullismo. 
Vorrei fare un’ultima domandina, anche se credo che nessuno risponderà a questo mio interrogativo: nel 1974 la legge sui decreti delegati aveva previsto, quale organo da costituirsi presso ogni scuola, anche il Consiglio di disciplina, che ben presto venne abolito.
Come mai? 
Ho questo dilemma: forse questa abolizione è da mettersi in diretta relazione con l’ascesa del bullismo scolastico, o sbaglio? 


Massimo Cortese

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