Il tentato suicidio di una
ragazzina di 12 anni, che avrebbe tentato il gesto disperato per protestare
contro il bullismo subito in classe, in seconda media, pone due interrogativi.
La preside della Scuola ha dichiarato che non si erano manifestati episodi di
disagio, ma, avendo conosciuto il bullismo per averlo subito, anche se oltre
quaranta anni fa, per esperienza posso assicurare che lo zimbello non confesserà
mai di non farcela più ad andare avanti, per cui dovrebbero essere gli
insegnanti ad accorgersi del disagio, ma sembra che costoro non se ne siano
accorti, almeno come sembra aver detto la Preside.
E questo è il dramma.
C’è un
disagio e l’Agenzia preposta a constatarlo, quale è la Scuola, non lo constata:
come mai?
Non servono i corsi di approfondimento del problema, perché anche la
migliore delle analisi non ha una importanza pratica: per avere successo,
dovrebbero parlare le vittime, ma queste non la faranno mai, per ragioni legate
alla vergogna.
Io penso che basterebbe ripristinare nelle nostre scuole una
Cultura del rispetto, mentre è lo stesso concetto di educazione che manca, come
fece notare in qualche modo il professor Ernesto Galli della Loggia nel suo articolo
pubblicato nel Corriere della Sera del 6 novembre 2015 intitolato CHE ERRORE
IGNORARE LA SCUOLA.
Questa volta siamo stati fortunati, nel senso che non
abbiamo nessun morto da piangere, ma c’è molto da fare sul versante del
bullismo, che nel corso degli anni è diventato un fenomeno sempre più
insidioso, come è provato dall'ascesa del cyberbullismo.
Vorrei fare un’ultima
domandina, anche se credo che nessuno risponderà a questo mio interrogativo:
nel 1974 la legge sui decreti delegati aveva previsto, quale organo da
costituirsi presso ogni scuola, anche il Consiglio di disciplina, che ben
presto venne abolito.
Come mai?
Ho questo dilemma: forse questa abolizione è da
mettersi in diretta relazione con l’ascesa del bullismo scolastico, o sbaglio?
Massimo
Cortese
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