martedì 20 dicembre 2016

L’areo caduto a Brema- Carmen Longo

Sabato scorso 26 novembre, su RAI Storia ho appreso della tragedia toccata alla Nazionale Giovanile di Nuoto nell’anno 1966, che perì tutta a seguito di un disastro aereo. 
Per un ritardo di dodici minuti, la comitiva azzurra non riuscì a prendere l’aereo sul quale avrebbe dovuto viaggiare. 
Il bel documento filmato ci ha riportato alla luce un’Italia diversa, fatta di tante persone semplici, strappate anzitempo alla vita. In particolare mi ha colpito la figura della giovanissima studentessa Carmen Longo, e della testimonianza che ne diede una sua professoressa, che rimase stupita dal sapere che era un’atleta. Carmen non si dava le arie: decisamente, era un’Italia diversa. 
Questa settimana vi è poi stata la tragedia della squadra di calcio brasiliana, protagonista di un altro disastro aereo, anche se si sono avuti dei superstiti. 
Nuovamente è scattata la solidarietà per aiutare i parenti delle vittime: anche nel 1966 il nostro Paese si strinse attorno a quei ragazzi, che – non dobbiamo dimenticarlo – saranno sempre i nostri ragazzi.

Massimo Cortese

mercoledì 27 luglio 2016

APPELLO AI CICLISTI


Si dice spesso che, rispetto agli altri Paesi Europei, uno dei mali dell’Italia consiste nel mancato rispetto delle regole. 
Ebbene, in tre recenti episodi che mi sono capitati recentemente, mi sono reso conto della gravità rappresentata dalla assoluta inosservanza del Codice della Strada da parte di alcuni ciclisti. 
Per fortuna  non è accaduto nulla, ma sarebbe potuto accadere. Il bello della vicenda è che i tre episodi hanno come teatro praticamente lo stesso punto, ad Ancona, precisamente l’area che collega via Torresi con via Maiolati e via della Montagnola, in zona Piano San Lazzaro. 
Ma andiamo con ordine:

Primo episodio. 

Non sono ancora le otto del mattino, sto sull’autobus 44 in via Torresi, quand’ecco che vedo un ciclista in divisa sportiva che a gran velocità corre sulla corsia riservata ai mezzi pubblici. 
La conducente dell’autobus borbotta, ma l’autobus si ferma e il ciclista riesce a evitare l’impatto: è andata bene.

Secondo episodio.
 Ore 21.30. 

Con la mia automobile sto fermo al semaforo rosso, nei pressi dell’incrocio che collega via Maiolati con la via Torresi.
Ho il verde, ma procedo lentamente, chissà perché ho in mente il ciclista del giorno prima. 
Improvvisamente vedo sfrecciare un ciclista, che è passato con il rosso.  
Il ciclista è in abiti civili. 
Riesco a frenare, anche se sono convinto che l’incidente è inevitabile. 
Invece il ciclista approfitta della frenata e con un colpo di reni passa tranquillamente. 
Anche questa volta è andata bene, e tutto si conclude con il mio clacson che suona e la consueta paura.

Terzo episodio. 
Ore 18.30. 

Mi trovo fermo al semaforo di via della Montagnola che immette le automobili su via Torresi. 
È scattato il rosso, ma un ciclista, anche questa volta in divisa sportiva, passa egualmente, anche se si ferma all’incrocio per accertarsi che possa procedere in tutta tranquillità.
Questa volta non ci sono stati problemi, è vero, ma il mancato rispetto del Codice della Strada c’è tutto.
Non si può andare avanti così. I ciclisti debbono rispettare il Codice della Strada: la fortuna può anche cambiare strada.


Massimo Cortese

mercoledì 20 gennaio 2016

NON SOLO BULLI

Grazie ad una provvidenziale tapparella, il viaggio senza ritorno che aveva intrapreso una ragazzina di 12 anni, desiderosa di farla finita, a seguito degli atti di bullismo di cui era vittima, si è ben presto tramutato in un grande spavento. 
Nella speranza che nel più breve tempo possibile la ragazzina recuperi le sue forze, la vicenda ci conferma che la vittima del bullismo è una persona debole e indifesa, nei confronti della quale il bullo o i bulli mettono in atto la strategia persecutoria che li fa stare bene.
Come ho già detto in molte occasioni, quello del bullismo non è un fenomeno, ma un crimine, ma accanto ai bulli, che pure hanno le principali colpe, vi è tutta una serie di altri attori, a cominciare dalla folla di persone indifferenti, indifferenti per modo di dire, che spesso si schierano con il bullo, in quanto vincente, perché a schierarsi con chi perde si potrebbe venire identificati con lui, e questo sarebbe veramente la fine. 
Senso civico non c’è più. 
E poi l’indifferenza è gravemente colpevole, forse è anche peggio del bullismo, perché il bullo è una persona malata, l’indifferente è una persona sana, almeno apparentemente. 
Poi vi sono gli adulti, e qui volontariamente non voglio approfondire, perché gradirei che lo facessero loro, e dal momento che anch'io ne faccio parte, dico candidamente: siamo sicuri che non abbiamo le nostre responsabilità. 
È possibile che un attimo dopo il fattaccio cadiamo tutti dalle nuvole? 
Viviamo sulla terra o in cielo? 
E i politici, che dicono sempre che faranno la legge sul fenomeno, e passano gli anni e non succede mai nulla. 
E l’informazione, la rete, il cyberbullismo, c’è qualcosa da dire? 
Dobbiamo esaminare i fenomeni, o meglio, i crimini, nella loro interezza, altrimenti saremo sempre al punto di partenza, mentre sarebbe cosa buona e giusta arrivare, o almeno tentare di farlo, al punto di arrivo.

Massimo Cortese

UN FATTO DI ORDINARIO BULLISMO

Il tentato suicidio di una ragazzina di 12 anni, che avrebbe tentato il gesto disperato per protestare contro il bullismo subito in classe, in seconda media, pone due interrogativi. 
La preside della Scuola ha dichiarato che non si erano manifestati episodi di disagio, ma, avendo conosciuto il bullismo per averlo subito, anche se oltre quaranta anni fa, per esperienza posso assicurare che lo zimbello non confesserà mai di non farcela più ad andare avanti, per cui dovrebbero essere gli insegnanti ad accorgersi del disagio, ma sembra che costoro non se ne siano accorti, almeno come sembra aver detto la Preside. 
E questo è il dramma. 
C’è un disagio e l’Agenzia preposta a constatarlo, quale è la Scuola, non lo constata: come mai? 
Non servono i corsi di approfondimento del problema, perché anche la migliore delle analisi non ha una importanza pratica: per avere successo, dovrebbero parlare le vittime, ma queste non la faranno mai, per ragioni legate alla vergogna. 
Io penso che basterebbe ripristinare nelle nostre scuole una Cultura del rispetto, mentre è lo stesso concetto di educazione che manca, come fece notare in qualche modo il professor Ernesto  Galli della Loggia nel suo articolo pubblicato nel Corriere della Sera del 6 novembre 2015 intitolato CHE ERRORE IGNORARE LA SCUOLA. 
Questa volta siamo stati fortunati, nel senso che non abbiamo nessun morto da piangere, ma c’è molto da fare sul versante del bullismo, che nel corso degli anni è diventato un fenomeno sempre più insidioso, come è provato dall'ascesa del cyberbullismo. 
Vorrei fare un’ultima domandina, anche se credo che nessuno risponderà a questo mio interrogativo: nel 1974 la legge sui decreti delegati aveva previsto, quale organo da costituirsi presso ogni scuola, anche il Consiglio di disciplina, che ben presto venne abolito.
Come mai? 
Ho questo dilemma: forse questa abolizione è da mettersi in diretta relazione con l’ascesa del bullismo scolastico, o sbaglio? 


Massimo Cortese

mercoledì 6 gennaio 2016

RECENSIONE DEL FILM "QUO VADO?"

Il film è decisamente interessante, in quanto tocca varie corde, tanto che nel linguaggio comico che lo caratterizza, vengono inseriti dei messaggi forti che lo spettatore attento non si aspetterebbe e che denotano una intelligenza e una delicatezza che in genere sono inusuali per una pellicola del genere. 
Nel film si ride molto, non manca la satira, ogni personaggio viene ridicolizzato al punto giusto, ma le situazioni, se seguono la sorte dei protagonisti, vengono presentate in modo gustoso e crudo al tempo stesso. 
I protagonisti della storia sono sostanzialmente due : c’è Checco, trentottenne mammone ed amante della vita comoda, senza grosse responsabilità, e la Dirigente che cerca di fargli digerire una riforma che dovrebbe portare alle sue dimissioni dal posto di lavoro, in cambio di un’allettante buonuscita. 
Attorno a questi due personaggi ruotano tutti gli altri, spartiti ma non equamente tra coloro che fanno parte del vissuto di Checco e il Ministro, alle cui dipendenze lavora la Dirigente. 
Ed è proprio a contatto con la figura di Checco che si ride di più, con la religione del posto fisso, con i suoi colleghi, con la fidanzata, con la giovane ricercatrice, con la mamma, con le quaglie, con la bella ricercatrice, con l’orso, perché il nostro è comunque una persona vera: di rimbalzo ho trovato  molto bello l’accostamento tra lui e la Dirigente fredda, glaciale e quindi lontana. 
Il finale a sorpresa e decisamente surreale può essere letto da due distinti punti di vista: apparentemente Checco perde, dimettendosi, avendo raggiunto la maturità con  l’amore ricambiato della giovane ricercatrice, che lo renderà padre. 
In seconda battuta è la Dirigente ad uscire sconfitta dal confronto, che finirà col commuoversi a seguito di una delle consuete zingarate del nostro Checco. 
Ed un film comico che sa anche commuovere è un ottimo biglietto da visita.
Il film è godibile, con le sue scenografie, tutto mi sembra molto curato. 
Credo che la pellicola dovrebbe essere segnalata per qualche riconoscimento, per questa fotografia in modo garbato e giocoso della società italiana che spesso arranca.


Massimo Cortese