Recentemente si è sviluppato un certo interesse per le favole: c’è chi dice che bisogna raccontarle così come sono (io), chi sostiene che se non si raccontano i bambini parlano più tardi (Ministero della Istruzione inglese), mentre per altri dovrebbero mutare il finale, quello di “e vissero felici e contenti”, in modo da preparare i bimbi alla dura realtà dell’epoca odierna. Sono tutte opinioni rispettabili, sia ben chiaro.
Una questione che considero fondamentale, in merito alla questione delle favole e dell’educazione in genere, riguarda l’uso dei pannolini. Quando i bambini sono piccoli, noi genitori cambiamo loro i pannolini, li accudiamo fino a diventare opprimenti, andiamo tutti al Consultorio prima ancora che nascano, ci occupiamo del loro benessere, e così via. Alla prima riunione alla scuola materna siamo tutti presenti, ma pian piano questa presenza si allenta, così magari all’elezione del Consiglio d’istituto della scuola da loro frequentata, ci ritroviamo ad essere i soliti quattro gatti, e magari ti chiedono di fare il candidato. Quello che voglio dire è che più diventano grandi, e di conseguenza avrebbero maggiore bisogno del nostro aiuto, della nostra presenza, paradossalmente abbandoniamo i figli al loro destino. Talvolta, la nostra presenza si limita a regalare loro quello che desiderano, il che è uno dei più grandi sbagli che un adulto possa fare, ma su questo aspetto tornerò. Naturalmente, il presento discorso riguarda tutti, anche coloro che non hanno figli e che vivono da single, come si dice oggi, perché l’educazione delle persone coinvolge tutti, non solo i padri e le madri. Non vi sembra un po’ assurda questa storia dei pannolini? Non sarà mica che la preoccupazione della ricerca del benessere dei bambini, in realtà, nasconde il desiderio di dare una bella immagine di sé stessi?
Mi accorgo che non ho parlato delle favole, a parte nel titolo: ma avremo tempo per parlarne.
A presto
Massimo Cortese
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